Sanremo 2020, Sanremo venti-venti, Sanremo 70 è partito.
Dopo tante polemiche è arrivata la prima puntata del Festival targato Amadeus ed è iniziato con Fiorello che benedice il Festival presentandosi con l’abito originale di Don Matteo “l’unico Matteo che funziona! Con questo facciamo il 40% di ascolto.” E sdrammatizza da vero e sincero amico, la situazione difficile di Amadeus al suo esordio per questo Sanremo, definita quarta disgrazia dopo la malattia cinese, l’Australia che brucia e la quasi terza guerra mondiale.
Pace fatta con le polemiche è il momento di introdurre il vero cerimoniere di quest’anno, Amadeus, che fa un’entrata con effetti luminosi grazie alla super scenografia realizzata per Sanremo 2020.
Si passa quindi alla prima sfida dei giovani che vede sfidarsi gli Eugenio in Via Di Gioia e Tecla, valutati esclusivamente dalla giuria demoscopica. Sebbene tra i due brani non ci sia storia, per un soffio, con il 50,6% vince Tecla con il brano “8 marzo”, brano tipicamente sanremese, ben cantato ma che manca di quel qualcosa in più che invece regalavano gli Eugenio con la loro “Tsunami”.
Nella seconda sfida invece la situazione è più corretta: Leo Gassmann vince con il 54% su Fadi, grazie al suo brano potente “Vai bene così”, mentre il giovane romagnolo di “Due noi” è costretto a lasciare la gara, non prima di aver gridato un “Viva la Romagna, Viva il Sangiovese!”
Prima dell’inizio della gara vera e propria è il momento del secondo ospite fisso di questo Sanremo 2020 ovvero Tiziano Ferro che decide di partire subito con l’intramontabile “Nel blu dipinto di blu”, come il suo abito… Tizià però è il nero che sfina, non il blu.
E’ Irene Grandi ad aprire le danze della gara nel girone dei Big con il bel brano “Finalmente io”, scritto dalla ditta Rossi/Curreri che esaltano la forza e la grinta della cantante fiorentina al suo 5° Festival. Si prosegue con Marco Masini e “Il confronto” dove Masini riesce ad essere più incisivo nelle strofe più che nel ritornello, forse un po’ troppo semplice per la sua scrittura; ma è con Rita Pavone e la sua energia travolgente il primo vero sprazzo di entusiasmo per questo Festival. “Niente (Resilienza ’74)” convince tutti, in sala stampa, a casa e all’Ariston che addirittura le tributa una standing ovation meritatissima per l’eterna Giamburrasca.
Achille Lauro spariglia veramente le carte: la sua canzone non è forse forte come quella dell’anno scorso, ma la performance di “Me ne frego” è costruita ad arte, come un vero show, tanto che se decidessimo di mandarlo all’Eurovision forse a sto giro vinceremmo per davvero.
Diodato fa venire i brividi con la sua “Fai rumore” in uno straordinario ritornello che apre musica e voce, mentre Le Vibrazioni si chiedono ossessivamente “Dov’è” qualcosa che evidentemente hanno perso e a cui suggerisco il celebre detto “la casa (Ariston) nasconde ma non ruba”. Infatti sono loro inspiegabilmente i vincitori della serata per i voti della giuria demoscopica, evidentemente leggermente alticcia dal Sangiovese di Fadi, che premia la band di Sàrcina su tutti, anche sulla stessa Elodie, seconda, con “Andromeda”, scritta sì da Dardust e Mahmood, ma che risulta un minestrone poco chiaro di suoni, musica e vocalizzi, peccato.
Anastasio grida la sua rabbia in “Rosso di rabbia” che però non riesce a catturare completamente l’ascoltatore mentre sorprendentemente convincono, Bugo e Morgan amici scanzonati e sinceri nell’elettropop di “Sincero”.
Alberto Urso è il punto più basso della serata: canzone talmente vecchia che pure 70 anni fa non sarebbe andata bene ed inoltre mostra qualche problema di intonazione qua e là, cosa che Il Volo invece non ha mai sbagliato; Riki fa il suo per il suo pubblico ma l’ansia è tanta e non riesce a non tremare per tutto il brano: da notare che era anche il suo compleanno.
Chiude la prima carrellata di dodici big Raphael Gualazzi che fa risvegliare tutti con la samba trascinante del suo “Carioca”.
Tra i momenti Top della serata sicuramente c’è stato il ritorno di Al Bano e Romina Power sul palco nuovamente insieme per cantare tutti i loro successi e l’inedito regalato da Cristiano Malgioglio, che per onorare il trash è stato cantato in rigoroso “full playback”, ma anche il nuovo arrangiamento di “Stupida allegria”, il nuovo singolo di Emma, dal bell’album “Fortuna” (sarà la vecchiaia ma ho apprezzato tutto il nuovo progetto), anche se nel medley che poi regala, prima di uscire fuori in Piazza Colombo e regalare al pubblico accorso all’aperto un piccolo live, inserisce “Non è l’inferno” a cui ancora non ho perdonato il crimine di aver potuto battere “Sono solo parole” di Noemi e “La notte” di Arisa.
Ma il Festival di Amadeus ci regala anche la possibilità di far tornare sul palco dell’Ariston Antonio Maggio, vincitore delle Nuove Proposte nel 2013 con “Mi servirebbe sapere”, che presenta in featuring con Gessica Notaro il brano “La faccia e il cuore” scritto in collaborazione con Ermal Meta sul drammatico tema della violenza sulle donne.
Sempre sul discorso della violenza sulle donne è il monologo di Rula Jebral, dove raccontando vicende di vita vissute da diverse testimone utilizza anche alcuni brani, scritti da uomini, che invece risaltano la figura della donna, dimostrando che un altro mondo è possibile, con una standing ovation di tutto il teatro che però ho trovato un po’ forzata e fuori luogo.
Ma se il monologo di Rula poteva avere un senso, l’inutilità incommensurabile di quello affidato a Diletta Leotta è stato pari all’invenzione della macchina scalda merendine: “sono bella. Mi hanno scelto per questo. Ma oltre la bellezza c’è di più.”; questo potrebbe essere in sintesi il riassunto di buoni dieci minuti sprecati a discapito di uno show che dovrebbe avere il suo focus completo sulla musica, costringendo anche la povera nonna di Diletta a prestarsi a questo siparietto.
Ma nonostante qualche scelta non proprio appropriata e anche l’inciampo musicale di Tiziano Ferro sulle note di “Almeno tu nell’universo”, che lo hanno portato a piangere e disperarsi come un’Alessandra Amoroso qualsiasi, la prima serata del Festival è stata un ottimo prodotto televisivo e musicale e quindi lunga vita ad Amadeus e a Sanremo 2020 (ma leviamo l’alcool alla demoscopica!).
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