Sanremo 2020 è stato indubbiamente il Festival della condivisione, della famiglia, dell’amicizia e dei litigi, ma è stato senza dubbio la celebrazione del 70° della kermesse canora più famosa al mondo.
Devo essere sincero, anche io all’annuncio ad agosto 2019 della conduzione di Amadeus, non l’avevo presa con troppo entusiasmo, ma non perché non fosse un bravo professionista, ma perché in cuor mio credevo che il Sanremo 70 sarebbe dovuto essere una grande festa celebrativa, con una sorta di staffetta tra tutti i conduttori storici, per poi dare il via, dall’anno prossimo, ad una nuova era.
Ma mi sono ampiamente ricreduto perché Amadeus è riuscito nell’impresa di portare a casa uno show ben strutturato, semplice e divertente, molto “casalingo” ma che ha intrattenuto spettatori da casa e all’Ariston. Bisogna riconoscergli anche il merito di essere riuscito a portare per cinque serate (quattro se vogliamo essere precisi con l’interruzione per lasciare più spazio a Roberto Benigni) Fiorello, il mattatore, che tutti richiedevano a gran voce come unico conduttore del Festival, ma che puntualmente è stato anche criticato, perché fondamentalmente a noi italiani non ci sta mai bene niente e siamo sempre pronti a diventare allenatori della Nazionale o Direttori Artistici di Sanremo.
Invece la sinergia tra Amadeus e Fiorello è stata l’alchimia vincente di un prodotto costruito sull’amicizia vera, quella che ti sostiene nei momenti di difficoltà e che si permette anche di prenderti in giro sugli errori commessi: proprio questo “distruggere” la liturgia sanremese, ma sempre rispettandola, ha, a mio avviso, regalato la freschezza necessaria allo spettacolo, che seppure molto lungo in alcune sere, è stato godibile e nient’affatto noioso.
E’ stato quindi il Festival della semplicità e dell’allegria, ma che ha regalato anche dei momenti molto forti come le esibizioni, fuori gara, di Antonio Maggio e Gessica Notaro con il brano “La faccia e il cuore”, scritto insieme ad Ermal Meta, e quello di Paolo Palumbo “Io sono Paolo”, che sono riusciti a sensibilizzare su temi molto forti ed importanti senza cadere minimamente nel pietismo.
E poi ci sono state le canzoni in gara, non tutte meravigliose purtroppo, ma alcune davvero eccezionali a partire dall’ottimo podio, con una sfida all’ultimo voto tra Diodato con “Fai rumore” e Francesco Gabbani con “Viceversa” che hanno toccato le corde di tutti quanti in modo gentile e toccante, fino al terzo posto degli scanzonati e divertenti Pinguini Tattici Nucleari che con “Ringo starr” hanno saputo affrontare il palco dell’Ariston con grande disinvoltura.
Tra le migliori performance di messa in scena aggiungerei anche Rancore con la sua “Eden” e il coup de théâtre della sparatoria finale e l’eleganza e la classe di Tosca con “Ho amato tutto”, brano talmente ricercato che meritava una gara a sé.
Ma non voglio dimenticare anche la grinta di Rita Pavone e Irene Grandi, tornate sul palco dell’Ariston come due leonesse vogliose di farsi sentire e di ruggire tutta la loro bravura; il ritmo trascinante di Raphael Gualazzi che ci ha fatto ballare sulle note di “Carioca” e la bellezza musicale di Levante in “Tikibombom”.
Chi invece ha deluso è stata Elodie con un brano troppo cucito sui cambi di registri vocali, tempi sincopati di Mahmood e quindi più adatto a lui, ed Enrico Nigiotti con la debole “Baciami adesso” non è riuscito a ricreare quell’atmosfera delicata dell’anno scorso con “Nonno Hollywood”.
Oltre a loro anche la stessa Elettra Lamborghini, la quota trash di quest’anno insieme ad Achille Lauro, non è stata all’altezza delle aspettative: un brano troppo basic, seppure con un ritornello infettivo, ed una performance al limite del karaoke sotto casa; troppo poco per il suo personaggio.
Chi invece ha mantenuto le aspettative di creare un grande show è stato Achille Lauro che ogni sera, con i suoi travestimenti, ha sicuramente attirato l’attenzione su di sé, mettendo però in secondo piano “Me ne frego”, “canzonetta” dedicata ad una relazione tossica.
Ma tra tutti, chi è riuscito a far parlare di sé, nel bene e nel male, è stato indubbiamente Morgan, che usando letteralmente l’amico Bugo, è riuscito a farsi squalificare dalla gara e ottenere grande pubblicità per entrambi, seppure il bel brano “Sincero” non meritasse un trattamento del genere, rimanendo uno dei brani più validi di Sanremo 2020.
Insomma un Festival che tra litigi, critiche prima, dopo e durante, ha saputo regalare tanto e anche momenti indimenticabili come Piero Pelù che scippa la signora in platea durante “Gigante” o Rita Pavone che canta “Qui non succede mai niente” della sua “Niente (Resilienza 74)”, subito dopo la bagarre Bugo e Morgan… quando si dice il tempismo!
Per il prossimo anno cosa accadrà? C’è chi auspica un Amadeus bis, visti anche i risultati stratosferici di share, con la finale ad oltre il 60% (risultati del genere non si vedevano dal 1999), ma con qualche correzione: una scaletta più giusta, con pochi ospiti, se ben incentrata sulla gara, e di certo non con i monologhi imbarazzanti affidati alle varie conduttrici femminili.
Pochi volti femminili e giusti: tra tutti si potrebbe pensare di riprendere l’esuberanza entusiasta di Alketa Vejsiu, la presentatrice albanese, e l’esuberanza simpatica di Sabrina Salerno, ma di certo non il minestrone femminile creato per questo Festival.
Il tutto coadiuvato da brani forti, come in parte erano in questa edizione, e dalla presenza di ospiti internazionali o dei grandi nomi italiani come Ricchi e Poveri e Al Bano, ma senza le solite indispensabili (ma inutili) markette di promozione, in modo da riportare il Festival di Sanremo ancora una volta ai grandi fasti di un tempo, perché “Sanremo è Sanremo”, da più di 70 anni.
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