Nella puntata settimanale della Hit Chart Top 20 è stato nostro ospite Kublai che ci ha presentato il suo ultimo singolo intitolato “Un fine più grande”.
Con Kublai abbiamo parlato anche del suo ultimo lavoro discografico, l’EP “Sogno vero”, dei riconoscimenti già ottenuti durante la sua carriera musicale, da cosa derivi il suo nome d’arte e di tutti i prossimi progetti in ballo per l’estate e dei mesi a venire.
Ecco quello che ci ha raccontato Kublai durante l’intervista:
“Diamo il benvenuto a Kublai che ci presenta “Un fine più grande”, uscito il 29 marzo. Un brano che mischia l’elettronica alla malinconia da fine estate. Ci racconti meglio questo brano?”
E’ un brano estivo sì, ma abbastanza malinconico. E’ nato insieme ai brani che compongono l’EP “Sogno vero”, ovvero quattro racconti di sogni paradossali: nello specifico in “Un fine più grande” si racconta di un’estate un po’ malinconica, con un brano ballabile, ma in un momento non troppo positivo.
“E’ l’ultimo singolo del tuo nuovo EP “Sogno vero” uscito il 12 aprile. Qual è il filo conduttore di questo nuovo lavoro discografico? In cosa si differenzia dai tuoi precedenti lavori?”
C’è continuità con il primo lavoro del progetto Kublai, omonimo, di tre anni fa, che era molto onirico e raccontava di un’amicizia tra due persone che passano una serata insieme, raccontata attraverso i loro pensieri. L’ambientazione attinge sempre dai sogni quindi e restituisce la realtà vista attraverso i sogni, in base a quello che immaginiamo attraverso il nostro pensiero. I contenuti sono gli stessi se vogliamo, ma “Sogno vero” è un po’ più concreto, una sorta di dream pop, mentre il precedente era più ibridato a livello musicale.
“Nella tua carriera hai ottenuto anche l’importante riconoscimento “Fabrizio De André per la poesia 2016”. Che emozione è stata e cosa rappresenta per te questo grande artista?”
Per me Fabrizio De André ha rappresentato tantissimo per la mia formazione musicale, ma credo sia così per tanti prima di me, quelli della mia generazione e direi anche alcuni più giovani. Il premio per me è stato davvero speciale, perché essendo nato e cresciuto anche nel segno di De André, riceverlo è stato come simbolicamente ottenere una grande energia e perseguire questo mio percorso nel campo musicale. De André è un punto fermo sull’idea che nella musica si possano utilizzare dei linguaggi che sono ad un livello superiore di quello che utilizziamo quotidianamente dove si può ancora sperimentare e provare.
“Ovviamente non può mancare la domanda fatidica: da cosa deriva il tuo nome d’arte e come l’hai scelto?”
Prima di diventare un nome d’arte “Kublai” è stato il nome del primo disco, il progetto è quindi frutto di quel primo lavoro dal quale è derivato il mio nome d’arte. Kublai, per chi non lo sapesse, è un imperatore mongolo che è stato il nipote di Gengis Khan ed è una sorta di figlio d’arte, che ha dovuto fare i conti con la grandezza di chi lo ha preceduto.
Poi Kublai incontra Marco Polo, viaggiatore che attraversa la via della seta e conosce perfettamente il regno di Kublai meglio dello stesso imperatore, costretto a rimanere sempre chiuso. Marco Polo ogni volta che incontra l’amico Kublai gli racconta un pezzo del suo territorio, e così il mio lavoro è una condivisione e collaborazione in tutti i brani con altre persone.
“Tornando alla musica, c’è un duetto dei sogni che ti piacerebbe poter realizzare in futuro?”
E’ una domanda difficile… Forse non scegliere un artista italiano e amerei molto farlo con personaggi del passato che però non ci sono più: ti direi un David Bowie, magari con la tecnologia futuristica… Mi piace moltissimo però lavorare con gli altri, un po’ a prescindere da chi sia l’altro in realtà, lavorando per imput. Le altre persone sono un po’ come un’energia esterna che da solo faticheresti a trovare e che mi piacerebbe addirittura fare con una persona che non conosca del tutto.
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