Zeep: “‘Sindrome di Peter Pan’ è il mio giro di boa dei miei quasi trent’anni. E’ una canzone personale, che non pensavo potesse essere capita da tutti.”

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Nella nostra ultima puntata della Hit Chart Top 20 è stato nostro ospite Zeep che ci ha presentato il suo ultimo singolo “Sindrome di Peter Pan”.

Zeep ci ha raccontato il suo ultimo singolo, ma anche di come è nato il suo nome d’arte e tante altre novità e curiosità tra cui la passione per la musica, i sogni nel cassetto e i progetti futuri.

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Ecco la cover ufficiale del nuovo singolo di Zeep “Sindrome di Peter Pan”

Ecco quello che Zeep ci ha raccontato durante l’intervista:

“Siamo in compagnia di Zeep per parlarci del suo ultimo singolo “Sindrome di Peter Pan”, uscito lo scorso 26 gennaio. Ci racconti meglio come è nato questo brano e come lo descriveresti con una parola?”

Con una parola è difficile, direi ‘razionale’. I riscontri sono ottimi e sono sincero, sembrerà retorica, ma non me li aspettavo. Il pezzo è finito in Indie Italia, sono andato in copertina su Spotify. E’ stata una bella roba, soprattutto per i messaggi che arrivavano. Non me l’aspettavo perché pensavo fosse un tema così personale, o meglio, un punto di vista così mio, da non poter essere capito.

Quindi forse c’era anche un po’ il dubbio che potesse essere un singolo e non un brano da disco, perché è la mia visione del crescere, dell’arrivare quasi alla soglia dei trent’anni e di capire un po’ quali sono i cambiamenti più drastici. Sono molto contento che sia arrivata così tanto e sia piaciuto.

“Questo è il terzo ed ultimo singolo dell’EP “Mare mosso, maremoto”, che uscirà a marzo. Cosa conterrà questo lavoro? Qual è il mood al suo interno?”

Tutto l’EP è stato scritto in un periodo un po’ incasinato; stavo cambiando praticamente tutto: casa, lavoro, fine di una relazione. Quindi era il momento perfetto per scrivere delle canzoni, che parlassero di me a 360°. Quindi c’è veramente di tutto: ci sono delle mie riflessioni personali, ci sono sicuramente canzoni d’amore che non sono mai abbastanza, c’è tanta nostalgia. Ci sono tanti sentimenti e c’è spazio un po’ per tutto. Sono molto soddisfatto perché ci sono molti “io” al completo e anche per questo non ho voluto inserire dei featuring all’interno del disco perché volevo veramente raccontarmi senza ‘estranei’.

“Hai avuto anche modo di scrivere per altri artisti, nell’ultimo anno per due ragazzi usciti da Amici, Deddy e Luigi Strangis. Come sono nati i brani per loro? Per chi altro vorresti scrivere?”

Ce ne sarebbero tantissimi, ma forse tra tutti Cesare Cremonini in Italia; sentire il proprio pezzo cantato in uno stadio non è male. Ho la fortuna di scrivere con dei ragazzi bravissimi che stanno a Torino. Siamo un collettivo di autori che è Culto. Il capo gruppo, il creatore di questo gruppo di autori è Raige, Alex Bella, che ha scritto davvero per tantissimi come Tiziano Ferro, Marco Mengoni e tanti altri. Lui ha voluto creare questo gruppo di autori giovani e formarci. Vedendoci in studio o purtroppo, molto spesso, in videochiamata, perché io sono in Sardegna e loro su a Torino, nascono tantissimi brani.

Fortunatamente due di questi brani sono stati provinati prima da Deddy e Caffellatte ed è andato molto bene, il secondo per il disco di Luigi Strangis subito dopo la vittoria di Amici. Sono molto soddisfatto più che altro perché vedere il loro video ai live con tantissima gente che canta questi brani, fa un certo effetto. Purtroppo loro direttamente non li ho beccati perché quando li abbiamo scritti eravamo in chiamata sempre a distanza e poi loro sono andati in studio a registrare. Ho beccato Rosa, però. 

“Qual è stato il momento in cui hai deciso che fare musica sarebbe stato il tuo futuro? Da cosa deriva il tuo nome d’arte?”

Il nome d’arte vorrei che avesse una storia fantastica, bellissima, invece no. Avevo un braccialetto con la zip e mentre registravo in cameretta di questo mio amico la prima canzone rap, questo era il mio background totalmente urban, mi chiede con che nome doveva salvare il file. Io ho risposto con il mio nome, Marco, e lui mi ha detto che dovevo scegliere un nome d’arte, anche perché i rapper hanno un nome d’arte. Io avevo questo braccialetto con la zip e ho detto: “Ok Zeep, all’americana con due e”. 

In realtà è sempre stato un gioco per me la musica e comunque tutt’ora, non ho la possibilità di dedicarmici al 100% perché faccio 3 lavori. Ho capito che era una componente fondamentale di tutte le mie giornate nel momento in cui c’erano e ci sono delle persone che si rispecchiano in quello che scrivo. Quando ho visto che una cosa raccontata da me e vissuta da me in prima persona, poteva emozionare delle altre persone, ho deciso di continuare.

“Qual è il tuo rapporto con i talent show e con i social? Invece di Sanremo, appena terminato è un obiettivo del tuo percorso musicale?”

Bhe sicuramente, ma penso che l’Ariston sia un obiettivo per chiunque faccia musica, anche per chi non lo dice. Mi sono divertito a guardare il Festival. E’ stato carino: il livello delle canzoni, secondo me, l’anno scorso era un po’ più alto, però ci sono stati alcuni brani che mi sono piaciuti tanto. A parte Mengoni in toto, anche per la sua performance, mi è piaciuta tanto quella di Tananai e quella dei Coma_Cose. Facevo il tifo anche per Olly “Polvere” è scritta da Emanuele Lovito che è un mio amico, quindi giocavo in casa.

I talent penso che siano una bella vetrina se hai già un progetto artistico. Nel senso che buttarcisi in mezzo senza avere delle basi e ritrovarsi a un picco di popolarità per poi ritrovarsi a non avere più appoggio fuori dal talent, può essere forte emotivamente. Soprattutto per ragazzi molto giovani. I social mi divertono, mi piace interagire con chi mi ascolta, mi piace mettere il box domande e sono anche abbastanza egocentrico. Instagram diciamo che è una vetrina che aiuta tanto. 

 

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